La leggenda medievale di Tristano ed Isotta è forse una delle più conosciute. Fa parte del più ampio ciclo Bretone dove vengono trattate molte altre leggende. Questa in particolar modo racconta l’amore proibito di due amanti vittime di un sortilegio, che pur di amarsi affrontano la loro sorte. Ma bando alle ciance e Buona Lettura!
Un orrendo tributo
La Vicenda ha luogo in Cornovaglia, dove Re Marco ogni anno doveva fornire un tributo in vite umane al vicino regno d’Irlanda. Tristano, nipote del re, decide di ribellarsi a questa ingiustizia sfidando a duello Morold (colui che era incaricato di riscuotere il tributo) uccidendolo, ma rimanendo a sua volta gravemente ferito. Infatti la spada di Morold era avvelenata e nessuno conosceva l’antidoto tranne sua nipote: la bellissima Isotta dai biondi capelli.
Tristano e Isotta si incontrano
A quel punto Tristano si mette in viaggio per cercare la ragazza, che oltre a conoscere l’antidoto era esperta in medicina. Finalmente la trova e riceve le ambite cure rientrando così vittorioso dallo zio. Tuttavia ciò che non sapeva era che durante la sua assenza Re marco ricevette la visita di un uccello che portava con se un capello di colei che sarebbe stata la sua futura sposa. Il cavaliere ricevette l’ordine di andare alla ricerca di questa fanciulla e senza farselo dire due volte si mise in cammino. Durante la ricerca il cavaliere affronta un terribile drago uscendone vittorioso, come dimostrazione l’uomo mozza la lingua alla bestia ponendola sotto le sue vesti; ignaro che fosse avvelenata. Viene ritrovato senza sensi e portato così di nuovo da Isotta, qui capisce che il capello apparteneva alla ragazza e spiegatagli la situazione s’incamminarono verso la Cornovaglia.
Tristano e Isotta bevono un Filtro d’amore
La Ragazza non proprio consenziente alle nozze, capisce che questo matrimonio deve essere fatto per un bene superiore. Quindi sfrutta le sue conoscenze in campo medico ed erboristico per fare un potente filtro d’amore che avrebbe bevuto assieme al suo futuro marito, così da potersi innamorare.
Tuttavia durante il viaggio i due molto assetati chiedono alla serva di Isotta un bicchiere d’acqua. Essa erroneamente scambia la fiala del filtro con quella contenete della semplice acqua così i due bevendo dal calice si innamorano perdutamente.
Isotta sposa comunque Re marco per il bene dei due popoli, tuttavia continua a frequentare clandestinamente Tristano. Una giornata Marco rientrando prima da una battuta di caccia coglie sul fatto i due amanti ed esilia il nipote dividendo così la coppia.
La Gelosia di Isotta dalle Bianche mani
Passano gli anni e Tristano Sposa un’altra donna (Isotta dalle bianche mani) che era a conoscenza del passato dell’uomo e per questo molto gelosa della Regina. Infatti seppure sposati l’uomo continuava a pensare alla fanciulla dai capelli biondi e lei si sentiva trascurata e non amata.
Tuttavia un giorno Tristano sul punto di morte chiede alla moglie di tentare l’impossibile per cercare di curarlo, dato che nessun medico era stato finora in grado. Capendo la situazione si decise di Chiamare Isotta dai Biondi Capelli la quale accettò di buon grado. Tuttavia essendo un viaggio lungo, il cavaliere non poteva sapere la risposta fino a che la fanciulla non fosse arrivata. Così concordò con la moglie che in caso la regina avesse accettato le vele della nave incaricata del viaggio sarebbero state bianche, al contrario nere.
La nave giunge finalmente e viene calorosamente acclamata in tutto il regno. Tuttavia Tristano non potendo muoversi dal letto chiede alla moglie di che colore fossero le vele. La donna accecata dalla gelosia rispose: Nere, mentendogli. Distrutto dal dolore l’uomo si lasciò morire poco prima dell’arrivo di Isotta. La bella donna dai capelli biondi vedendo che il suo amato era appena scomparto lo abbracciò è presa da un forte dolore morì anch’essa di crepacuore.
Per Approfondire
- Tristano e Isotta, Introduzione e traduzione di Fabio Troncarelli, Garzanti Editori, 1993
- Affreschi di Castel Roncolo
- C. Guerrieri Crocetti, La leggenda di Tristano nei più antichi poemi francesi, Milano, Rodolfo Malfasi, 1950.